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I° FORUM GIURIDICO EUROPEO DELLA NEVE


Dott. Carlo BRUCCOLERI


Bormio-Valtellina-Italia 2- 4 dicembre 2005


Ordinamento sciistico italiano
I. Il diritto sciistico: l’ultimo nato
II. Genesi e sviluppo del diritto sciistico italiano
III. La legge 24.12.2003, n. 363 – Profili generali
IV. Le aree sciabili attrezzate
V. Obblighi e responsabilità dei gestori
VI. Delle norme di comportamento degli utenti
VII. Sanzioni e controlli
VIII. Dello sci fuori pista e dello sci-alpinismo
IX. Maestri e scuole di sci


I .- Il diritto sciistico: l’ultimo nato
Sebbene non sia dato rinvenire nella Costituzione italiana alcuna norma che
menzioni espressamente lo sport, l’attività sportiva trova nondimeno nella Carta
fondamentale una tutela indiretta o mediata che dir si voglia, enucleabile da una
pluralità di disposizioni, alle quali essa appare agevolmente riconducibile come
attività socialmente rilevante e perciò stesso meritevole di interesse da parte del
legislatore, sia in chiave pubblicistica che privatistica.

Il primo parametro costituzionale è certamente offerto dall’art. 32, che affida allo
Stato la tutela della salute, come “fondamentale diritto dell’individuo e come interesse
della collettività”. E non serve qui spendere molte parole per affermare che la pratica
sportiva favorisce il benessere fisico ( e non soltanto ) e quindi la salute stessa
dell’individuo. Ulteriori riferimenti sono rinvenibili negli artt. 2 e 3 comma 2° (dai quali
può derivarsi la nozione di sport come diritto soggettivo a praticarlo) ed ancora
nell’art. 18, il quale tocca il momento associazionistico, indefettibile complemento
organizzativo della funzione di promozione dell’attività sportiva affidata allo Stato.

Tali rapidi cenni introduttivi, a prima vista disancorati dai temi specifici che formano
oggetto della presente relazione, valgono invece a giustificare il sorgere del diritto
sciistico, come sottocategoria del diritto sportivo e a dar ragione, come si vedrà, di
talune scelte operate nella relativa disciplina.
Dato che la legge altro non fa che recepire nell’ ordinamento giuridico fenomeni
della realtà sociale degni di tutela e che è doveroso regolamentare, è presto spiegata
la prioritaria attenzione normativa che lo Stato inizialmente ha riservato a discipline
sportive diverse dallo sci, che per numero di praticanti, diffusione e coinvolgimento di
interessi economici meritavano particolare attenzione. E il carattere di astrattezza e
generalità delle leggi non basta a non far trasparire, per talune di esse, chi ne
fossero i primi, reali destinatari.

Può dunque affermarsi che il diritto sciistico, come insieme organico di norme statali,
regionali e provinciali che ne regolano i vari aspetti (impianti di risalita, piste, condotta
degli sciatori, sicurezza, soccorso ed altro) ha assunto oggi, per la vastità e
importanza del fenomeno, una dignità propria ed è l’ultimo nato, ma di certo non per
questo ultimo nella scala dei valori, nell’ampio e composito panorama del diritto
sportivo. Ed anzi, è quello che offre al giurista un campo di indagine e di azione
maggiormente stimolante.


II.- Genesi e sviluppo del diritto sciistico italiano
Gli sport della neve hanno avuto in Italia a partire dagli inizi degli anni ’60 uno
sviluppo a dir poco impetuoso. Molteplici i fattori che hanno concorso a determinarlo:
l’accresciuto benessere economico e sociale della popolazione, l’espansione del
turismo nei suoi flussi interni e internazionali, l’espansione edilizia con il fenomeno
delle “seconde case” nelle zone di villeggiatura, il progressivo avvicinamento dei
“cittadini” alla montagna, in precedenza regno incontrastato dei “valligiani”, la
diffusione dello sci attraverso lo strumento televisivo, che ha portato nelle case le
competizioni a più alto livello e i numerosi successi delle nostre squadre nazionali, le
nuove offerte nel settore delle attrezzature (si pensi alla tavola da neve e al carving),
e in prosieguo di tempo anche la straordinaria invenzione della neve programmata,
ed altri ancora.
Si è assistito così al potenziamento delle stazioni turistiche invernali esistenti, alla
creazione di nuove, e non solo nell’arco alpino, al miglioramento degli impianti di
risalita, grazie alle nuove tecnologie che ne hanno accresciuto a dismisura la portata.
4
Il numero dei praticanti sfiora ora tre milioni, l’indotto industriale commerciale e
turistico-alberghiero ragguardevole nell’economia generale del Paese ed in
particolare in quella delle aree di montagna.
Il mondo del diritto, nelle sue componenti normativa, giurisprudenziale e dottrinaria,
non poteva ovviamente restare inerte di fronte al fenomeno.
A doversi confrontare con le problematiche connesse alla pratica dello sci, che è sì
uno sport di evoluzione, ma che sovente comporta interferenze di traiettorie e quindi
contatto fra sciatori, o registra incidenti di altra natura è stata chiamata come prima la
giurisdizione. La produzione normativa di allora, prevalentemente incentrata sugli
aspetti pubblicistici degli impianti di risalita e delle piste di sci, quasi mai si era
occupata della condotta degli sciatori, fatta eccezione per alcune disposizioni di
carattere generico rinvenibili qua e là negli ordinamenti regionali o provinciali (v. ad
es. l’art. 19 della Legge Provinciale di Bolzano 26.2.1981, n. 6) o altre relative al
comportamento degli sciatori sugli impianti di risalita (v. D.M.30 novembre 1970
sull’uso delle sciovie). Di conseguenza i giudici, tenuti come sono a pronunciarsi
anche in situazioni di vuoto legislativo, si sono visti costretti ad intraprendere non
facili manovre di adattamento del diritto positivo alle specificità della materia. In
questa delicata operazione le controversie civili offrivano ovviamente maggiore
spazio. Collocata pacificamente nell’ambito della responsabilità extracontrattuale la
problematica relativa alla collisione fra sciatori, si sono profilate diversità di vedute
sul titolo al quale legarla. Va ricordato un estemporaneo tentativo, subito
abbandonato, di applicare in via analogica alla circolazione sciatoria le norme del
codice della strada, attraverso un’ insostenibile equiparazione della pista alla strada
5
e dello sci ad un veicolo. 2 Cospicua poi la giurisprudenza, ancor oggi in parte
seguita, che fa applicazione della presunzione di responsabilità connessa
all’esercizio di attività pericolose (art. 2050 C.C.) 3; teoria certamente utile a superare
le difficoltà di ordine probatorio, ma che muove, a parer mio, da un presupposto
assai discutibile, e cioè che la pratica dello sci costituisca, intrinsecamente
considerata, attività pericolosa, mentre non lo è, anche se lo può divenire per
situazioni contingenti ( su tutte l’affollamento delle piste). Non solo, essa trascura un
aspetto di fondo, ossia la ragione giustificatrice della presunzione, che è la tutela del
terzo estraneo all’esercizio dell’attività pericolosa; se ne faceva e se ne fa quindi
applicazione nei confronti di soggetti che esplicano entrambi quella stessa attività
ritenuta pericolosa.
In tema di incidenti riconducibili a difetto di apprestamento e di manutenzione delle
piste, accanto al ricorso decisamente prevalente ai principi ordinari sulla
responsabilità civile extracontrattuale, (nel quale ambito i criteri di imputazione della
colpa generica – negligenza, imperizia e imprudenza-non sempre consentono di dare
corretta soluzione alle controversie), e alla presunzione di responsabilità per il danno
cagionato da cose in custodia (art. 2051 C.C.) e tale sarebbe la pista, si era anche
tentato l’inquadramento in un paradigma contrattuale.del rapporto tra utente e
gestore della pista; Tale teoria, che personalmente ho sempre condiviso, si fonda
sull’elementare rilievo che allo sciatore, che pur formalmente paga un corrispettivo
unicamente per l’uso dell’impianto di risalita, viene offerto nel contempo anche
l’utilizzo della pista attraverso forme pubblicitarie inequivoche che concretano
2 Tribunale Bolzano 5.4.1975; Tribunale Torino 11.11.1983:
3Fra le prime pronunce Trib. Ferrara 7.7.1965; Trib. Aosta 2.5.1974
6
un’offerta al pubblico (art. 1336 C.C.) e che danno vita ad un vero e proprio
contratto.4
A trarre d’impaccio i giudici nel contenzioso civile e penale scaturente da collisione
fra sciatori è intervenuto, e la cosa ha del singolare, un sistema di norme la cui fonte
è meta-giuridica: le regole di condotta dello sciatore elaborate dal Comitato giuridico
della F.I.S. (Federazione Internazionale dello Sci) approvate nel loro testo definitivo a
Beirut nell’anno 1967. L’autorevolezza e il prestigio dell’organizzazione da cui
provenivano, la ragionevolezza cui si ispiravano e l’estrema sinteticità ne
determinarono subito il successo e la piena accettazione e unanime consenso da
parte di tutti i Paesi in cui lo sci viene praticato. Le regole FIS esprimono niente più
che principi di comune prudenza e costituiscono il compendio di tutta l’esperienza
giuridica precedente.
Sulla loro natura e sul modo di recepimento nei singoli ordinamenti giuridici si sono
impegnati insigni giuristi5, ma pur nell’estrema varietà delle posizioni delineatesi al
riguardo, concorde e univoca è stata la conclusione di piena e legittima applicabilità
da parte dei giudici, il che ha realizzato un fondamentale obiettivo, quello della
certezza del diritto nella specifica materia. L’annotazione è di gran rilievo e torna utile
in questo Forum, che intende non solo porre a confronto le legislazioni dei vari Paesi,
ma soprattutto verificare se e in quali termini sia possibile realizzare una disciplina
normativa uniforme.
4 Fra le molte si veda Cass. 20.6.2000, n.2216.
5 PRADI Lo sviluppo del diritto sciistico e le regole FIS quali norme di diritto positivo (Atti del XV Ski Lex
Sesto Pusteria 1987)
PICHLER Zur Rechtsnatur der Skiregeln-Skirecht 1972- Essen 1972
STIFFLER Die rechtliche Bedeutung der FISregeln aus Schweizer Sicht–Skirecht 1972 Essen 1972
LEER Zur rechtlichen Bedeutung der FIS-Verhaltungsregeln nach deutschen Recht
7
Decisivo nello sviluppo del diritto sciistico italiano, al pari di quello di altri Paesi, è
stato l’apporto della dottrina. I giuristi che si sono accostati alla materia, quasi
sempre appassionati di montagna ed essi stessi praticanti, proprio per questo hanno
dato un contributo particolarmente efficace , permeato e stimolato dalla conoscenza
diretta e personale delle varie problematiche dello sci. Studi di vario genere, seminari
e convegni, note a sentenze: un materiale cospicuo, al quale non è sempre facile
attingere. Utili a questo riguardo le rassegne bibliografiche che si possono rinvenire
in qualche testo , a volte nelle monografie o nelle tesi di laurea. Ma ancor più utile
sarebbe, per non disperdere quanto fatto, costituire un centro di documentazione di
tipo informatico.
In questo quadro, alquanto disarticolato e incerto, interviene sul finire dell’anno 2003
il legislatore italiano con la legge 24.12.2003, n.363, con l’intendimento di dare
organicità alla materia. Con essa viene sciolto un annoso dilemma: è doveroso o
anche solo opportuno assoggettare la pratica dello sci a precise regole giuridiche di
condotta, con previsione di specifiche sanzioni e conseguentemente di adeguati
controlli o è preferibile lasciare ai praticanti la più ampia libertà e fidare nella loro
disciplina e nell’autoresponsabilità?

III.- La legge 24.12.2003, n. 363 . Profili generali
La legge in commento detta norme in materia di sicurezza nella pratica non
agonistica degli sport invernali da discesa e da fondo, compresi i principi
fondamentali per la gestione in sicurezza delle aree sciabili.
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Essa è stata accompagnata nella fase dell’ iter parlamentare e seguita, anche dopo
la sua emanazione, da un vivacissimo dibattito che ha coinvolto esercenti funiviari e
gestori delle piste, i responsabili delle strutture turistiche , esperti di diritto sciistico, gli
stessi sciatori e marginalmente anche le scuole e i maestri di sci; dibattito che ha
riguardato non solo il merito di talune disposizioni, ma prim’ancora e più ancora la
stessa opportunità di imporre ai praticanti regole di condotta con tanto di sanzione e
necessità di controlli, e quindi con pesanti interferenze in un’attività sportiva per sua
natura estremamente libera, dato l’ambiente in cui si esplica, e che per ciò stesso
mal sopporta imposizioni, meno che mai di natura normativa.
La legge n. 363 è il risultato, non sempre armonico, di una pluralità di iniziative
parlamentari, in seguito unificate, e la sua emanazione è stata innegabilmente
influenzata, almeno in parte, dalle ricorrenti campagne di stampa che negli ultimi anni
hanno enfatizzato oltre misura i periodici bollettini sugli incidenti sciistici, spesso
corredati da statistiche elaborate senza criterio (ad esempio con il semplice raffronto
tra il numero degli incidenti accaduti con il numero degli sciatori registrati in un dato
comprensorio , anziché, come si dovrebbe, con l’insieme dei passaggi effettuati sui
singoli impianti). Ma pur sorvolando sulle polemiche e comunque riaffermando che lo
sport dello sci non è certo ai vertici delle statistiche delle discipline più pericolose,
non può non essere apprezzato l’intento perseguito dal legislatore di contenere gli
infortuni e i connessi oneri sociali e comunque di dare alla materia un certo ordine.
Dell’interesse che essa ha suscitato, anche al di fuori dei nostri confini, offre riprova,
se vogliamo, anche questo forum europeo, che vuole non solo mettere a confronto le
normative dei vari Paesi, ma a corollario di questo valutare a se sia possibile dare
allo sci in ambito europeo un assetto normativo uniforme. Siffatta esigenza è
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assolutamente primaria in una disciplina ad alta mobilità, che vede masse sempre
crescenti di sciatori muoversi da un Paese all’altro.
La legge consta di 23 articoli : una sezione è dedicata alla gestione delle aree
sciabili e agli obblighi e responsabilità dei gestori delle piste; altra sezione detta
norme di comportamento per i praticanti con le relative sanzioni e disciplina la
responsabilità in caso di collisione; l’ultima parte si occupa dei controlli,
dell’adeguamento delle normative regionali e della copertura finanziaria.
Nella parte in cui detta i principi generali , la legge ha natura di “legge quadro”; con
questo di singolare, che interviene in un certuni punti su materie già regolamentate a
livello regionale, mentre l’enunciazione dei principi dovrebbe precedere e non
seguire le norme di dettaglio. 6
Al necessario adeguamento regioni e province sono tenute nel termine di sei mesi
(art. 22). Ad oggi vi hanno provveduto in poche (la regione Lombardia e
marginalmente la Provincia di Trento).
6 Tra i primi ordinamenti regionali o provinciali sulle piste di sci segnalo:
Legge Provincia Aut. di Bolzano 26.2.1981, n.6
Legge Provincia Aut. di Trento 21.4.1987, n. 7
Legge Regione Veneto 6.3.1990, n. 18
Legge Regione Friuli-Venezia Giulia 24.3.1981, n. 15
Legge Regione Lombardia 23.4.1985, n. 17
Legge Regione Valle d’Aosta 17.3.1992, n.9
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IV.- Le aree sciabili attrezzate

L’art. 2 comma 1° della Legge 363, nel definire le aree sciabili attrezzate come
“le superfici innevate, anche artificialmente, aperte al pubblico e comprendenti piste,
impianti di risalita e di innevamento, abitualmente riservate alla pratica non
agonistica degli sport della neve” (lo sci, lo snowboard, lo sci da fondo, la slitta e lo
slittino e altri eventuali sport da individuarsi dalle regioni) non fa altro che riprendere
la definizione già presente, con sfumature diverse, nei vari ordinamenti regionali sulle
piste di sci. Viene confermata in particolare la destinazione pubblica di esse. La
novità piuttosto è costituita dalla inclusione nelle aree sciabili di quelle necessarie
agli impianti di innevamento artificiale, divenuti ormai un’insostituibile struttura
complementare delle piste.
L’individuazione di tali aree, rimessa come in passato alle regioni, in conformità alle
procedure da queste fissate, equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità
e urgenza e rappresenta il presupposto per la costituzione coattiva della relativa
servitù (comma 3°). L’enunciazione è di fondamentale rilievo, perché consacra
formalmente come di interesse pubblico anche la pratica degli sport della neve, in
considerazione dell’importanza che essi hanno ormai raggiunto nell’ampio panorama
delle attività sportive. L’ esplicito riferimento alla cosiddetta “ servitù di pista”, della
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quale la dichiarazione di pubblica utilità costituisce il presupposto, vale anche a
dissipare qualche dubbio avanzato in relazione al fatto che tale servitù coattiva fosse
già prevista dagli ordinamenti regionali. Si affermava che ciò esulasse dalle loro
competenze, finendo per incidere sul regime civilistico a numero chiuso delle servitù
coattive; ma era agevole obiettare che non si trattava, in realtà, di servitù privatistica,
ma pubblicistica, riconducibile alle procedure “ablative” in senso lato. Ora la
questione non ha più ragion d’essere.
Molto opportunamente la legge 363 tocca lo spinoso tema della convivenza scisnowboard,
sia pur soltanto in relazione agli allenamenti e alla pratica acrobatica,
prevedendo:
a) l’individuazione, da parte dei comuni, nelle aree con più di tre piste, servite da
almeno tre impianti di risalita, dei tratti di pista da riservare agli allenamenti di
snowboard, imponendone la netta separazione dalle altre piste con adeguate
protezioni; la norma riguarda anche gli allenamenti di sci, il che va senz’altro
apprezzato, stante il pericolo di reciproche interferenze. Si ritiene, peraltro,
irragionevole rimettere ai comuni, anziché agli stessi gestori delle piste
l’individuazione di tali aree
b) nelle aree con più di venti piste, servite da almeno 10 impianti di risalita, vanno
riservate apposite aree destinate alle evoluzioni acrobatiche con sci e snowboard e
vale anche per queste l’obbligo di delimitazione e protezione di cui al punto a). Resta
da chiarire se il limite numerico di piste e impianti debba riferirsi a uno stesso gestore
o prenda in considerazione anche le aree fra loro collegate.
Degna di nota è pure la possibilità di prevedere che talune piste vengano
interdette anche temporaneamente alla pratica dello snowboard (art 2 comma 2°).
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Tale limitazione è rimessa alle regioni in fase di individuazione delle aree sciabili,
mentre andrebbe anch’essa riservata ai gestori delle piste, in grado di valutare, in
rapporto a situazioni contingenti, l’opportunità di interdire stabilmente o anche solo
temporaneamente l’uso di determinate piste allo snowboard.-


V.- Obblighi e responsabilità dei gestori

Rinviando sull’argomento alla relazione dell’Avv. dott.ssa Marisella Chevallard,
mi limito alla sola elencazione degli obblighi, seguita da alcune annotazioni.
Alla materia sono dedicati gli artt. 3, 4, 5 e 6 della legge.
I gestori delle aree sciabili sono tenuti:
a) a stipulare in via preventiva apposito contratto di assicurazione per la
responsabilità civile verso terzi;
b) ad assicurare il soccorso e il trasporto degli infortunati lungo le piste;
c) a tenere un elenco analitico degli incidenti, con indicazione, ove possibile, della
relativa dinamica;
d) alla messa in sicurezza delle piste secondo quanto prescritto dalle regioni;
e) a curare la manutenzione ordinaria e straordinaria delle piste, e a disporne la
chiusura in caso di pericolo o di non agibilità;
e) a curare la prescritta segnaletica, ad esporre la classificazione delle piste e le
regole di condotta.
Qualche perplessità suscita la disposizione dell’art. 4, che enuncia espressamente il
principio secondo cui il gestore delle aree sciabili attrezzate è civilmente
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responsabile della regolarità e della sicurezza. La norma, in sé superflua secondo i
principi generali in materia di responsabilità, posto che questa discende come
conseguenza necessaria dell’inosservanza degli obblighi imposti ad un soggetto,
potrebbe far sorgere il dubbio che si sia voluto introdurre, se non proprio un’ipotesi
di responsabilità oggettiva, quantomeno una nuova figura di presunzione di
responsabilità, dalla quale ovviamente il gestore potrebbe liberarsi, offrendo prova
contraria.

VI.- Delle norme di comportamento degli utenti .

Vi è dedicata la parte più innovativa della legge. Questa, attraverso il
recepimento formale delle regole di condotta, le ha trasformate da norme
metagiuridiche in norme giuridiche vere e proprie. Ciò ha rafforzato imperatività e
certezza dei relativi precetti, ma i riflessi pratici sono pressoché insignificanti. Si è già
visto sopra che la giurisprudenza italiana ha fatto sin qui costante e uniforme
applicazione delle regole FIS. Ne deriva che la trasformazione inciderà
esclusivamente sul titolo di imputabilità della responsabilità, nel senso che l’accertata
violazione di una norma di condotta, che si ponga come causa o concausa di un
illecito civile o penale, concreterà non più colpa “generica”, intesa come violazione
delle comuni norme di diligenza, perizia e prudenza ( art. 43 C.P.), ma “colpa
specifica” Le conseguenze non per questo muteranno di granché, salvo che in
materia penale, nella quale il giudice, nell’irrogare la pena, deve tener conto, tra gli
altri fattori, anche della gravità della colpa ( art. 133).
14
Ben più significativa è l’introduzione nella circolazione sciatoria della presunzione di
pari responsabilità in caso di scontro tra sciatori (art.19). La disposizione, mutuata
dalla disciplina della circolazione stradale (art. 2054 C.C.), intende porre rimedio alle
difficoltà di ordine probatorio che spesso si incontrano nella ricostruzione degli
incidenti. Rinviando sull’argomento alla comunicazione dell’Avv. Marco Del Zotto, mi
limito ad annotare che dalla presunzione in discorso potrà bensì trarre vantaggio lo
sciatore colpevole, ma al tempo stesso, sia pure in parte, anche lo sciatore
incolpevole che non sia in grado di dimostrare la colpa esclusiva dell’antagonista.
Il recepimento delle regole di condotta FIS presenta, a ben vedere, qualche lacuna.
Così, ad esempio, all’art. 9, che disciplinando la velocità, trascura di includere tra gli
altri parametri che ne misurano l’ adeguatezza (caratteristiche della pista, situazione
ambientale, affollamento, scarsa visibilità, incroci) anche quello della capacità
tecnica, che è tra i più decisivi. Ed ancora, stupisce che non sia stata riportata la
regola (quantunque scontata) che impone allo sciatore che si immette sulla pista di
dare la precedenza a chi già la percorre.
Il divieto di percorre a piedi le piste (salvo il caso di necessità, nella quale ipotesi si
deve tenere il bordo) è previsto dall’art 15. Piuttosto equivoca la disciplina della
risalita della pista con gli sci ai piedi, che pur vietata in linea generale (comma 5), ma
ammessa in caso di urgente necessità, prevede una deroga ove sia autorizzata
(in quali casi non è detto) dal gestore della pista , con buona pace per il principio
dell’affidamento per gli altri utenti, che dell’autorizzazione possano essere totalmente
ignari!
Quanto all’uso di mezzi meccanici (art. 16) , la cui disciplina appare mal collocata tra
le norme di comportamento degli utenti riguardando piuttosto la sicurezza dell’area
15
sciabile, viene affermato il divieto generale di circolazione, salvo che per i mezzi
adibiti al servizio e alla manutenzione delle piste e come regola fuori dell’orario di
apertura, sempre con l’impiego di appositi congegni di segnaletica luminosa e
acustici.
In tema di obbligo soccorso (ne tratta l’art. 14), va segnalata un’interessante
novità . Fermo restando l’obbligo previsto e sanzionato dall’art. 593 comma 2 C.P.,
che impone di prestare l’assistenza occorrente a una “ persona ferita o altrimenti in
pericolo”, analogo dovere è stato introdotto anche nei confronti di persona che versi
“in difficoltà” (pur non ferita e non in pericolo). Può citarsi il caso della rottura di un
attrezzo che impedisce la prosecuzione della discesa, del distacco dello sciatore da
uno skilift in zona impervia e lontana dal tracciato della pista, e se vogliamo anche il
caso di uno sciatore inesperto e imprudente che affrontando una pista
eccessivamente impegnativa si trovi ad un certo punto a mal partito.
La norma, a parer mio, andrebbe completata con l’obbligo rigoroso di fermata in
caso di collisione fra sciatori, analogamente a quanto previsto in tema di circolazione
stradale dall’art. 189 comma 1° Ben può accadere infatti che la collisione non
provochi danni apparenti, sì da far scattare l’obbligo di soccorso di cui all’art. 593
comma 2° C.P. e neppure metta i protagonisti in situazione di difficoltà. Ma vero è
pure che sovente i danni fisici emergono in un secondo tempo, nel qual caso risulta
pressoché impossibile risalire all’identità dell’autore del danno. L’obbligo di fermata
ovviamente dovrebbe includere anche quello dello scambio delle generalità, qualora
nell’occorso non sia intervenuto un organo di polizia
Ci si attendeva una qualche attenzione del legislatore nei riguardi di un fenomeno
alquanto spinoso, diffuso soprattutto in certe aree, che sovente è causa o concausa
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di seri incidenti. Mi riferisco all’uso smodato di bevande alcoliche, che notoriamente
appanna i riflessi, produce euforia, esalta l’esibizionismo. E’ augurabile che la
lacuna venga colmata!

VII.- Sanzioni e controlli
Per la violazione di svariate disposizioni la legge 363 appresta esclusivamente
sanzioni amministrative pecuniarie. Per alcuni illeciti la sanzione è fissata
direttamente dalla legge, per altri la determinazione è rimessa alle regioni e va
stabilita tra un minimo di .. 20 e un massimo di .. 250 (art 18 comma 2°). Qui di
seguito alcune delle violazioni più significative di norme riguardanti la sicurezza
dell’area sciabile:
- omessa stipula del contratto di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi
(da 20.000 a 200.000 .. -art. 4 comma 2°)
- mancata attivazione del servizio di soccorso e trasporto degli infortunati (da
20.000 a 200.000 .. - art. 2 comma 3°)
- omessa esposizione della classificazione delle piste , della segnaletica e delle
regole di condotta (da fissarsi dalle Regioni fra un minimo di 20 e un massimo di
250 .. - artt. 5 comma 3° e 18 comma 2°)
- omessa chiusura delle piste in caso di pericolo o inagibilità (da 5.000 a 50.000 .. -
art 7 comma 4°).
Viene assoggettata a sanzione l’inosservanza di tutte indistintamente le regole di
comportamento, con scelta affatto opinabile come si vedrà trattando dei controlli.
Si tratta delle disposizioni relative alla velocità (art 9), alla precedenza (art. 10), al
sorpasso (art. 11), all’incrocio (art. 12), allo stazionamento ( art. 13), all’omissione di
soccorso (art.14), all’uso della pista da parte dei pedoni (art.15). Per tutte, ad
eccezione della violazione degli arrt 14 e 18, è prevista una sanzione pecuniaria da
stabilirsi dalle regioni tra un minimo di 20 e un massimo di 250 ..; criterio anch’esso
criticabile, potendo comportare sanzioni diverse tra regione e regione per identiche
violazioni. Non resta che confidare, sul punto, su una linea uniforme in fase di
adeguamento alla legge degli ordinamenti regionali.
Novità assoluta , nel campo delle misure di protezione individuali, è rappresentata
dall’obbligo di utilizzo del casco protettivo per i minori degli anni quattordici nella
pratica dello sci alpino e dello snowboard.(art. 8). La norma non può che essere
salutata con favore.
La reale efficacia di ogni sistema di norme, per la cui inosservanza sia
prevista una sanzione, è legata all’effettività dei controlli. Su questo terreno è facile
prevedere che la legge 363 è destinata all’insuccesso.
Non è pensabile infatti poter predisporre un’adeguata vigilanza su tutte le aree
sciabili, a volte estremamente vaste e frequentate quotidianamente da molte migliaia
di sciatori se non impiegando, il che non è realistico, un vero e proprio esercito di
addetti al controllo. Si avranno dunque niente più che contestazioni occasionali ed
episodiche di infrazioni. Un esempio per tutti: uno sguardo a qualsiasi pista, in un’ora
qualsiasi del giorno, vedrà sì la maggioranza degli sciatori in movimento, ma molti
altri fermi, per le più svariate ragioni, e non certo a bordo pista, come prevederebbe,
con tanto di sanzione, l’art. 13. Cosa potranno mai fare in una tale situazione gli
addetti al controllo? Ed allora, sarebbe stato decisamente più ragionevole ed efficace
selezionare le condotte più gravi e sanzionare unicamente queste, ricorrendo, se del
caso, sul modello americano o canadese, alla misura, più deterrente di una modica
sanzione pecuniaria, dell’immediato allontanamento dalla pista.
L’art. 21 demanda il controllo dell’osservanza delle disposizioni e il connesso
potere di contestazione alla Polizia di Stato, al Corpo Forestale dello Stato, all’ Arma
dei carabinieri, al Corpo della Guardia di Finanza , ai Corpi della polizia locale. Si
tratta in larga parte di organi, i quali curano nel contempo anche il servizio di
soccorso, il che inevitabilmente inciderà sull’efficienza del sistema. Va da sé che gli
addetti devono essere sciatori e di buon livello.
Ai maestri di sci è stato attribuito il potere - dovere di segnalazione (non però di
contestazione) nella solo materia della velocità pericolosa (art.21 comma 2° in
relazione all’art. 9 comma1°). La scelta, assai opinabile, incontra due ordini di rilievi:
essa può distogliere il maestro dall’attività che gli è propria e dai connessi obblighi di
custodia degli allievi ed inoltre, essendo disgiunta dal potere di contestazione
dell’infrazione, priva l’interessato del diritto ad un immediato contraddittorio.

VIII.- . Dello sci fuori pista e dello sci-alpinismo
Offre lo spunto per qualche breve annotazione sull’argomento l’inserimento nella
legge 363 dell’art . 17, che alla materia dedica due disposizioni.
Va premesso che lo sci fuoripista e lo sci alpinismo hanno in comune fra loro il fatto
che la discesa avviene su superfici innevate non preparate, al di fuori delle aree
sciabili quali definite dall’art. 2; si differenziano tra loro, in quanto nello sci-alpinismo
la risalita dei pendii, avviene con gli sci, se del caso con l’impiego di strumenti tecnici,
quali pelli di foca, ed occorrendo ramponi corde ed altro, mentre nello sci fuori pista
generico , lo sciatore utilizza gli impianti di risalita.
Da tale premessa discende coerente il principio, affermato nel 1° comma, che il
concessionario e il gestore degli impianti di risalita “non sono responsabili degli
incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista serviti dagli impianti
medesimi.” A meno che , è doveroso aggiungerlo, il fuori pista non rientri in un’offerta
opportunamente pubblicizzata del gestore, come avviene in qualche stazione.
Estemporanea, in quanto collocata in “sedes materiae” impropria, è la introduzione
nella pratica dello sci-alpinismo dell’uso obbligatorio di appositi sistemi elettronici per
garantire un idoneo intervento di soccorso. L’uso, peraltro, è prescritto solo quando
“sussistano evidenti rischi di valanghe” e tale limitazione è palesemente assurda,
oltre che scarsamente educativa, poiché di regola il rischio evidente tiene lontano lo
sci-alpinista, mentre il rischio si accresce proprio quando evidente non è!


IX.- Scuole e maestri di sci
La figura professionale del maestro di sci, a suo tempo assimilata dal testo Unico
delle Leggi di Pubblica Sicurezza a quella della guida alpina ( attività che l’art. 124
ricomprendeva tra i “mestieri girovaghi “) e anch’essa allora soggetta a licenza di
pubblica sicurezza (nel frattempo abolita), trova definizione giuridica e la sua
disciplina nella legge 8 marzo 1991, n. 81. Si tratta di una legge-quadro, che ha
dettato i principi fondamentali da recepirsi dai singoli ordinamenti regionali. Le
regioni, peraltro, come nel caso dell’ordinamento delle piste, avevano già e ben
prima legiferato in materia, per cui si sono dovute limitare ad un’operazione di mero
adeguamento delle rispettive normative.
Prendendo doverosamente in considerazione l’evoluzione tecnica che lo sci ha
avuto, la legge riguarda l’insegnamento delle tecniche sciistiche in tutte le loro
specializzazioni, esercitate con qualsiasi tipo di attrezzo.
L’esercizio professionale non esige la continuità e neppure l’esclusività .
La netta prevalenza nell’attività del maestro di sci della componente didattica la
qualifica come professione intellettuale . Il suo esercizio è subordinato all’iscrizione
ad un albo regionale e alla dimostrazione del possesso di una specifica abilitazione
tecnico-didattico -culturale (art. 6). Questa si consegue dopo la frequenza di appositi
corsi (che comprendono tecniche sciistiche, didattica, pericoli della montagna,
orientamento topografico, ambiente montano, e conoscenza del territorio regionale di
competenza, nozioni di medicina e pronto soccorso, diritti doveri e responsabilità
della categoria, leggi e regolamenti professionali) e il superamento di apposito
esame. Come si vede, il bagaglio tecnico-culturale richiesto è assai vasto ed è
ispirato alla rivalutazione e all’accrescimento della professionalità della categoria.
Sul piano organizzativo, la legge ha istituito i collegi regionali (organi di autodisciplina
e autogoverno) e il collegio nazionale, il quale elabora le norme di deontologia
professionale, opera quale organo disciplinare d’appello e svolge funzioni di
coordinamento dell’attività dei collegi regionali.
In quanto professione protetta, il suo esercizio abusivo è penalmente sanzionato
(l’art.18 richiama espressamente l’art. 348 del Codice Penale); a questi fini
all’insegnamento professionale è stato equiparato “l’accompagnamento retribuito di
clienti”.
Alquanto tortuosa è la disciplina dell’insegnamento da parte dei maestri di sci
stranieri, nella quale concorrono competenza statale e competenza regionale. L’art.
12 comma 1° assegna alle regioni la regolamentazione dell’esercizio non saltuario
dei maestri non iscritti in albi regionali. Tali dovrebbero essere, richiedendo
l’iscrizione la cittadinanza italiana o di altro Stato appartenente alla Comunità
economica europea (ora Unione europea), i maestri provenienti da Paesi terzi o i
maestri “comunitari” non tenuti all’iscrizione nel caso di attività prestata
temporaneamente.
L’esercizio della professione è subordinato al riconoscimento dell’equivalenza dei
titoli e della reciprocità. Esso è demandato alla federazione sport invernali, d’intesa
con il collegio nazionale dei maestri. Peraltro, la disposizione deve ritenersi valevole
esclusivamente per i maestri dei Paesi terzi, poiché per i maestri comunitari occorre
far riferimento al Decreto Legislativo 2.5.1994, n. 319 (intervenuto posteriormente
alla legge n. 91) attuativo della Direttiva 92/51 del Consiglio dd. 18.6.1992 relativa a
un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale.
L’esercizio saltuario dell’attività di maestro (mediamente per non oltre 15 giorni,
anche non consecutivi, nell’arco della stessa stagione, limite in qualche caso ridotto
a 8 giorni o elevato a 30 se avviene nell’ambito di una scuola di sci) richiede, in
alternativa, il nulla-osta del collegio regionale o una semplice preventiva
comunicazione.
In tema di scuole di sci, la cui disciplina è lasciata alla piena autonomia delle
regioni, la legge-quadro si limita a enunciare i seguenti principi:
ogni scuola tendenzialmente dovrebbe raccogliere tutti i maestri operanti in una
stessa stazione;
va favorita la concentrazione delle scuole esistenti, al fine di razionalizzarne l’attività;
la disciplina interna delle scuole dev’essere ispirata al criterio democratico di
partecipazione dei maestri alla gestione e all’organizzazione.
Dottrina e giurisprudenza si trovano su posizioni sostanzialmente comuni in
materia di responsabilità connessa all’esercizio dell’attività del maestro di sci,
pacificamente collocata in un contesto contrattuale. 7
Il rapporto che lega il maestro all’allievo è infatti riconducibile al paradigma del
contratto d’opera intellettuale. All’obbligo del maestro di impartire all’allievo
l’insegnamento tecnico secondo i canoni propri di quella disciplina e con la diligenza
media richiesta dalla professione, corrisponde per l’allievo l’obbligo di cooperare con
il maestro, osservando le direttive da lui impartite e quello di corrispondere il dovuto
compenso. La prestazione cui il maestro è tenuto prescinde totalmente dal risultato(
è tipica obbligazione di mezzi ), dipendendo il buon esito non soltanto dalla capacità
tecnico-didattico-dimostrativa del maestro, ma da molte altre variabili, quali
l’attitudine dell’allievo e la sua applicazione.
Con l’obbligo primario scaturente dal contratto (l’impartire l’insegnamento tecnico)
concorre anche quello, non meno importante, di vigilare sulla condotta dell’allievo,
per garantirne l’incolumità sua e dei terzi, nel periodo in cui gli è affidato. Può
senz’altro affermarsi che il contratto attua un vero e proprio affidamento della
persona fisica dell’allievo al maestro, che si traduce in un obbligo di custodia e
sorveglianza, da graduarsi in rapporto inversamente proporzionale alla capacità
tecnica e all’età. E’ un dovere concorrente che scaturisce dal principio, secondo cui
nell’adempimento di ogni obbligazione deve usarsi l’ordinaria diligenza (art. 1176
C.C.).
Piuttosto pacifica è anche l’applicabilità all’insegnamento dello sci della presunzione
di responsabilità dettata dall’art. 2048 C.C. riguardante i danni provocati dall’allievo a
terzi, della quale è gravato il “precettore”, ferma la possibilità di esonerarsi dalla
presunzione dimostrando di non avere potuto impedire il fatto o di avere fatto tutto il
possibile per impedirlo. 8
Per una rassegna di giurisprudenza sulla responsabilità di maestri e scuole di sci
richiamo una mia ricerca presentata nell’anno 1996 nell’ambito di un convegno
organizzato dalla Fondazione Courmayeur .-
Carlo Bruccoleri
8 Patti- Insegnamento dello sport e responsabilità civile in Resp. Civ. 1992, pag. 509; Pret . Cavalese, 7.5.1981.
24

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
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(R.D.S.), p. 39
ALBANESI “Problemi giuridici negli sport invernali” in R.D.S 1975, p.247
ALBANESI “Sciatori e maestri di sci” in R.D.S. 1976, p.386
ANGIELLO “Natura giuridica del rapporto maestro di sci allievo” in Prob. Giur. Inf. Sciat., p. 17
ANTINOZZI “La responsabilità dello sciatore” in Riv. e prat. nell’ass. 1987, p.863
BASSANI “Le piste di sci nel diritto pubblico” in Prob. Giur. inf. sciat., p. 21
BERTOLINI “La responsabilità penale e amministrativa del gestore, del personale e degli utenti
degli impianti di sci in R.D.S. 1989, p.3
BEVILACQUA “Responsabilità per infortuni derivanti da difetto di manutenzione e apprestamento
delle piste di sci” in R.D.S. 1983, p.527
BONDONI “Il diritto sugli sci”, Ed Libreria giuridica VR 1977
BONDONI “Rischio e responsabilità sui campi di sci” in Riv. Giur. Scuola 1985
BRUCCOLERI “La responsabilità civile del maestro e della scuola di sci” in Rivista Professione
Montagna (P.M.) n. 16, 1991, p.
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minorenni” 1984 monogr. pubblicata a cura della Cassa di Risparmio di Bolzano
BRUCCOLERI “Agonismo e responsabilità” in Atti del Convegno “Regole per uno sci più sicuro” Ed.
Osiride Rovereto 2002, p. 58
BUSATO “Evoluzione delle regole di condotta F.I.S in rapporto alle nuove tecniche sciatorie e agli
attrezzi alternativi” in Atti del XXIX SKI-LEX Sesto Pusteria 2002
CHECCHINI “Responsabilità civile e penale nel sinistro sciatorio” in Prb. Giur. Inf. sciat. p. 53
CHEVALLARD Commento a sent. Trib Aosta in R.D.S. 1985, p. 60
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25
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FRATTAROLO “ La responsabilità civile per le attività sportive” Ed. Giuffrè 1984
FRATTAROLO “ In tema di responsabilità civile per l’esercizio di attività sportive” in Foro Padano
1985, pag. 375
GERACI “Responsabilità civile e attività sciatoria “ in R.D.S. 1975, p. 358
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Brunico aprile 1986
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VIOLA “La responsabilità civile nell’incidente sciistico” Casa editrice Experta s.p.a.
2002

 

   
   
   

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