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Posizione di Mountain Wilderness Italia riguardo al nuovo progetto di funivia Courmayeur - Punta Hellbronner


La funivia che da La Palud sale al Colle del Gigante, nel massiccio del Monte Bianco, fa ormai purtroppo parte della storia. E' certo però che la presenza in alta quota dell'impianto, così come lo conosciamo, e delle squallide strutture in cemento armato che lo rendono fruibile, rappresentano al di là di ogni dubbio una grave ferita all'integrità di un ambiente naturale non solo di straordinaria bellezza panoramica, ma anche carico di eccezionali significati culturali, legati alla storia dell'alpinismo.

Pur non essendo del tutto convinti della necessità di ammodernare radicalmente l'impianto attuale, non ci opponiamo al progetto, purché esso non preveda una ulteriore aggressione ambientale, consumo di territorio e paesaggio, ma si proponga solo come una cauta razionalizzazione dell'esistente, orientata soprattutto verso i problemi della sicurezza. Assumere come modello da raggiungere e superare, in termini di portata oraria e di offerte collaterali, l'impianto che a suo tempo ha profanato irreversibilmente l'Aiguille du Midi, sul versante francese, è insensato non solo per quei motivi culturali ed etici di cui oggi le amministrazioni pubbliche e gli imprenditori privati credono impunemente di potersi fare gioco, ma anche per evidenti calcoli di previsione economica.
Courmayeur non è e non diventerà mai una seconda Chamonix. Qualunque rincorsa in una simile direzione sarebbe destinata al fallimento e provocherebbe una ulteriore devastante degradazione ambientale, senza valide contropartite economiche nel medio e lungo periodo. I rispettivi bacini d'utenza turistica, attuali e potenziali, sono e resteranno sempre numericamente molto diversi.
Per una serie di ragioni che la stessa società proprietaria delle Funivie del Monte Bianco ha messo in rilievo, l'affluenza del pubblico sugli impianti è dimezzata nello spazio di dodici anni. Nel 1991 vennero registrati 150.000 passaggi, nel 2002 solo 70.000. Questa emorragia pare sia dovuta principalmente alla benemerita decisione delle autorità francesi di vietare per sempre la pratica dello sci estivo sulla superficie del ghiacciaio del Gigante e alla dimostrata pericolosità della pista di sci invernale che scende dalla stazione intermedia del Pavillion. Chi conosce il Monte Bianco sa bene che la nuova offerta, per quanto rutilante, non eliminerà tali ragioni di disaffezione. Di conseguenza portare la capacità dell'impianto da 250 a 600/800 passeggeri l'ora rappresenta una decisione non solo gravida di danni ambientali ma anche fondata su un assunto improbabile.
E' forte il rischio che la realizzazione dell'opera porti denari solo nelle tasche dei progettisti e di chi li protegge e finanzia, forse non del tutto disinteressatamente. Trascorso un primo momento di curiosità, solo una frazione delle folle ottimisticamente previste continuerà a sobbarcarsi la non indifferente spesa del biglietto, per andare a tremare di freddo di fronte al versante della Brenva, al quale dedicherà comunque tutt'al più qualche rapida occhiata, per poi rintanarsi nei bar, nei ristoranti, nelle sale da gioco, all'interno della nuova, amplissima ed avveniristica stazione d'arrivo, sulla Punta Helbronner. Giova segnalare, tra l'altro, che la stessa Punta Helbronner rientra totalmente nell'elenco dei SIC (Siti d'Interesse Comunitario dell'Europa, n° IT 1204010). Come pensano i progettisti di aggirare le norme di tutela connesse con tale qualifica?
Particolarmente inquietante appare infine il disegno di abbattere le discrete strutture d'accoglienza del Pavillion, sulle quali ancora aleggia una simpatica atmosfera ottocentesca, per sostituirle con un gigantesco complesso, fornito addirittura di una sala cinematografica. Cosa ha a che fare tutto ciò con lo spirito della montagna? Vale la pena ricordare a questo proposito che la conclamate giustificazione dei costruttori di impianti a fune, ovunque sulle Alpi, è sempre stata quella di portare la montagna e le sue incontaminate bellezze alla portata anche di chi non se la sente di salire verso le vette con i propri piedi. Noi abbiamo sempre considerato tali affermazioni strumentali e mistificatorie. Il nuovo progetto è, purtroppo, la dimostrazione lampante che avevamo ragione. Qui la montagna non c'entra. Non c'entrano i suoi valori, la sua vocazione ed il suo richiamo. La logica è unicamente quella del profitto immediato, a tutti i costi. Immediato: perché nell'arco di qualche anno questa ingiustificata aggressione lascerà in eredità alle comunità della valle soltanto alcune sinistre "cattedrali nel deserto", sovradimensionate ed economicamente ingestibili. Allora però sarà troppo tardi per tornare indietro.
Ha perfettamente ragione Pro Mont Blanc quando, descrivendo i rischi e la miopia dell'attuale progetto, sostiene che Courmayeur si trova davanti ad un bivio gravido di conseguenze. Deve scegliere tra le lusinghe, quasi certamente menzognere, di un turismo di massa "mordi e fuggi", ed il coraggio lungimirante di ritagliarsi una specificità d'élite, che ne faccia, ancora più di quanto già non lo sia ora, una località turistica appetibile perché unica; ricercata da un pubblico qualificato e sempre più motivato. La comunità di Courmayeur sta già pagando sulla propria pelle l'errore di aver concesso la costruzione, sul suo territorio, dell'autostrada. Tutto però non è perduto. In assenza di un drastico ridimensionamento, la realizzazione del nuovo impianto equivarrebbe ad un definitivo colpo di grazia.

Mountain Wilderness Italia

 


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