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Orsa Vida

Progetto Ursus

Storia dell'orso in Italia

 

STORIA DELL'ORSA VIDA IN FUGA VERSO CASA



31 - 8 - 2001



Importata dalla Slovenia ha girato le alpi dell'Alto Adige
Ferita in autostrada riparte a cercare i suoi boschi

Storia dell'orsa Vida
in fuga verso casa


PAOLO RUMIZ

BOLZANO - Zoppa, imbottita di tranquillanti, forse ora si metterà quieta a cercar mirtilli sul Brenta. C'è voluto un frontale sull'autostrada del Brennero per fermare Vida, l'orsa più zingara delle Alpi. Importata dalla Slovenia in maggio con altri cugini per ripopolare i parchi del Trentino, appena sbarcata nel nuovo territorio aveva fatto il diavolo a quattro. Seminato gli zoologi, beffato i radar dei guardiacaccia, passato l'Adige a nuoto, sfiorato il confine austriaco, attraversato indenne la direttrice più trafficata delle Alpi, scorrazzato dai boschi della Pusteria alle crode delle Dolomiti bellunesi.

Poi, dopo avere riempito i giornali più di una principessa polacca e lasciato crescere la leggenda di un suo ritorno alle natie foreste dell'Est, aveva piegato a Occidente, contro ogni aspettativa degli umani. Fino a incontrare, alle 01.15 di ieri notte, all'altezza di Ora, gli abbaglianti del signor Michael Funes M., anni cinquanta, passaporto tedesco, in viaggio verso l'Austria con la sua Mercedes. Roba di un attimo: il botto, la zampa fratturata, il bip del collarespia che si spegne sul display e fa scattare i soccorsi. Poi l'anestesia, la fasciatura, il rilascio semisegreto in una valle a Ovest dell'Adamello.

Quelli del parco l'aspettavano da tre giorni al varco dell'autostrada. L'aveva già traversata una volta a maggio, il miracolo poteva ripetersi. All'altezza di Ora c'era anche un sottopasso, e la posizione segnalata dal radiocollare faceva sperare che imboccasse proprio quello. Ma gli orsi non vanno dove tu decidi che vadano, la strada se la scelgono loro. Sono animali solitari e individualisti. Hanno un radar interno che li guida.

Così Vida ha ignorato la via logica, scavalcato la rete nel punto più basso e tentato l'avventura. Si è svegliata quindici ore dopo in montagna, e ora ciondola spaesata sotto il temporale, in una radura che non è casa sua. Andrea Mustoni, che la segue da mesi e ha gestito il rilascio, assicura: meglio così, che guarisca da sola, evitando ricoveri che la trasformerebbero in una reclusa. "In otto ore si è conclusa un'operazione difficile, ora speriamo che tutto vada a buon fine" commenta Claudio Ferrari, direttore del quartier generale zoologico di Strembo, che ha coordinato il salvataggio dalla Val Rendena.

Vida: tutti i suoi spostamenti testimoniano un'indomabile voglia di libertà e una ribellione contro le barriere degli uomini. La fuga è durata quattro mesi, ma quella fuga non ha lasciato un graffio sul suo pelo fulvo dai riflessi mogano. L'orsa-zingara non è un Grizzly, ha solo quattro anni e novanta chili di peso; non più di un San Bernardo adulto. Ma ha il diavolo in corpo.

In maggio, è appena liberata sul Brenta ed eccola che naviga per sei-settecento chilometri in una settimana sola. Dorme di giorno, si muove di notte, passa la Val Venosta, la Passiria, l'Isarco, l'autostrada del Brennero, la Pusteria. Fruga nei masi della Valgardena, valica il Piz Boé, sfiora Cortina. Poi, una sosta di due mesi sui monti di Agordo lascia pensare a una sistemazione definitiva. Così non è. Il 20 agosto l'orsa Vida riparte, di nuovo veloce come il vento: traversa le Pale di San Martino, valica il Passo Rolle, scende su Predazzo, è segnalata in pieno centro a Castello di Fiemme.

Valli a capire gli orsi. Quelli sloveni, poi. Li chiamano Medved, parola che contiene il miele (Med) e la loro straordinaria, anarchica goloseria. Devastano gli alveari, riempiono di sé le decorazioni delle antiche arnie, allarmano i parroci e la locale Coldiretti, compaiono persino nei menù delle locande. Sul monte Nevoso, che chiude le Alpi a Est, sono oltre quattrocento e raggiungono la massima densità al mondo. Talmente tanti che a fine marzo Lubiana ne ha fatti abbattere settanta; più che una caccia vera, una mattanza (per turisti italiani e tedeschi) come non si vedeva dai tempi del maresciallo Tito. Per lo Stato, un affare: da dieci a cinquanta milioni a capo, a seconda dell'imponenza del trofeo.

Ma molti esemplari sfuggono spontaneamente al sovrappopolamento emigrando in Italia, dove l'abbandono degli alpeggi crea condizioni ideali. Vent'anni fa un orso finì alle porte di Trieste, sterminò galline, poi finì spaventatissimo in mare. Altri passano a nuoto il golfo di Fiume, sbucano nelle isole croate in mezzo ai turisti. Il Tarvisiano è pieno di adulti neoimmigrati e nel Pordenonese l'orso Franz è già una leggenda: ogni pasqua scende a valle e si porta via una pecora. Pare che i plantigradi non abbiano bisogno di spostamenti coatti. Si muovono da soli, armati da una febbre esplorativa di cui ancora non si è misurata la portata.

In Austria ne arrivano a decine, con tali problemi per i contadini, che i Laender del Sud hanno istituito il "Baehrenadvokat" : l'avvocato chiamato a difendere i diritti degli orsi nei contenziosi con i privati danneggiati. Si chiama Bernhardt Gutleb e cinque anni fa ha inventariato tutte le barriere architettoniche che ostacolano il loro spostamento sulle Alpi Orientali. Poi si è visto che gli orsi come Vida se ne fregano delle barriere e anche dei varchi che l'uomo offre loro. Racconta Stefano Filacorda, responsabile del progetto Grandi Predatori dell'Università di Udine che a Sud di Lubiana è stato scavato, apposta per gli animali, un varco enorme sotto l'autostrada, ma gli orsi continuano ostinati a passare trecento metri più in là, rischiando la pellaccia.

Nessuno sa dire se Vida color del mogano abbia errato tanto per scappare, per tornare, o solo per la straordinaria curiosità che contraddistingue la specie. Secondo i ranger americani, gli orsi hanno un istinto del ritorno che scatta in un raggio di 150 chilometri. Ma gli orsi sloveni? Forse per loro il richiamo funziona anche a distanze maggiori. Ma se è così, perché Vida ha compiuto un giro perfetto e ha voluto tornare in Trentino? Un altro orso austriaco, un maschio, aveva costruito un cerchio quasi analogo e, dopo aver percorso quattromila chilometri quadrati di territorio, era tornato esattamente al punto di partenza. Ed aveva battuto, si scoprì, percorsi di altri orsi prima di lui. Lo rivelavano i vecchi nomi di luogo: passo dell'Orso, locanda dell'Orso, radura dell'Orso. Segni di un arcano sovrapporsi di memoria individuale e memoria genetica.

Per alcuni etologi la scelta di Vida è nient'altro che una ribellione. L'orso è un animale "culturale" : deve esplorare il terreno prima di scegliere dove insediarsi. Se lo forzi, può avere reazioni strane. Meglio affidarsi alle emigrazioni spontanee, che lasciano anche all'uomo e all'animale il tempo di accettarsi a vicenda. Una critica implicita alla decisione del Parco dell'Adamello e del Brenta di ripopolare col "Progetto Ursus" - cofinanziato dall'Europa grazie ai fondi "LifeNatura" - uno spazio protetto quanto si vuole, ma forse troppo turistico e antropizzato.

L'orso è un grande predatore, sta in cima alla piramide ecologica. Vive di bacche, insetti, miele, radici, ma ogni tanto si ricorda di essere onnivoro. Il cibo, la madre gli ha insegnato a prenderselo, non a riceverlo da altri. Così, se a un orso dai del cibo - carne magari - ai suoi occhi può capitare che tu sia solo un pezzo della confezione che la racchiude; la carta della caramella. In Francia l'immigrazione programmata sta creando problemi, le bestie non restano nei parchi, sconfinano in Spagna, spaventano i montanari, e il progetto rischia di naufragare. Forse, Vida dice una cosa banalissima: spostare orsi non è spostare galline.

(31 agosto 2001)

Autore: La Repubblica

Editore: La Repubblica


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